Regole contabili semplificate: dunque, bilanci più complessi. Da un lato scelte eccessivamente standardizzate che marcano tutto a valore di mercato (titoli liquidi e illiquidi). Dall'altro valutazioni di rating non sempre affidabili. Risultato: senza i fondamentali delle aziende, gli analisti finanziari non riescono più a capire il valore dell'impresa.
È questo il quadro che il rendiconto «Ias compliant» sta restituendo agli operatori – non solo sull'onda della crisi finanziaria in atto – secondo Luca D'Onofrio, consigliere Aiaf per le sezioni locali del Nord Italia. L'occasione per fare il punto con gli addetti ai lavori è stato il convegno, organizzato ieri a Torino, nella sede dell'Unione industriali da Aiaf (Associazione italiana degli analisti finanziari) in collaborazione con Cdaf (Club dirigenti e amministratori finanziari) e Andaf (Associazioni nazionali direttori amministrativi e finanziari).
«Ora le modifiche agli Ias 39 e Ifrs 7 si muovono sull'onda dell'emotività – ha proseguito D'Onofrio – ma è da anni che si pone il problema di valutare in base a criteri di mercato i titoli illiquidi e le variabili esogene rispetto al valore intrinseco dell'azienda. Ad esempio, per andamenti ciclici del mercato finanziario e indipendentemente dall'impatto a conto economico, i titoli destinati alla vendita hanno sempre gonfiato e sgonfiato (a seconda di performance positive o negative) il patrimonio netto, ben più del loro reale valore».
«Passare oggi – ha aggiunto Concetta Viglianti (coordinatrice dell'osservatorio Ias di Aiaf) da classificazioni a fair value a costo ammortizzato, salda la terza trimestrale 2008 delle aziende. Ma inietta incertezza sui mercati. Si riclassifica con i prezzi al 1° luglio che oggi sono del tutto diversi, ma poi tutto il disallineamento deve finire in nota integrativa e non è detto che, passata la crisi, si torni indietro». «Gli Ias parlano a un mondo di nicchia – spiega Paolo Cafasso, Cfo di BasicNet – e spero che le aziende continuino a essere valutate per la forza lavoro, i prodotti e i risultati aziendali. Per i dirigenti finanziari seguire le modifiche contabili è sempre stato difficile. Ogni Ias sono centinaia di pagine in inglese, ogni tre mesi cambia il report. Il nostro lavoro si è complicato, le aziende che contraggono i derivati per copertura di cambio si ritrovano valutazioni di strumenti avulsi dalla realtà».
Sul punto si muove l'Organismo italiano di contabilità. Come ha spiegato Pier Giorgio Bedogni (componente del comitato di gestione Oic e vicedirettore generale di Fondiaria Sai), «stiamo premendo perché nel draft che prevede principi contabili internazionali per le Pmi trovino posto limiti dimensionali, almeno 50 dipendenti e almeno un minimo di fatturato dichiarato, anche se la crisi in corso potrebbe portare a una pausa di riflessione di durata incerta».
«Non abbiamo operazioni che ricadano sotto il trattamento contabile Ias 39 – ha concluso Michele Bergero, Cfo di Juventus Spa – ma il nostro principale asset è proprio il nostro marchio, che contabilmente vale zero. Eppure a esso si legano le nostre sponsorizzazioni. Inoltre essendo solo tre, cioé Juventus, Roma e Lazio, i bilanci calcistici Ias compliant, abbiamo spesso interpretato da soli come applicarli alle valutazioni dei calciatori o ai pagamenti dilazionati e non siamo comparabili con il resto della serie A». Per una società di calcio, conclude Bergero, gli Ias non riescono a fotografare l'effettivo valore.
